Il Maestro e Margherita
Un classico russo politico e spirituale
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Quello de Il Maestro e Margherita è un romanzo che ingabbia la lettrice o il lettore all’interno di un caleidoscopio. Inaspettatamente Satana si trova a Mosca e, insieme ai suoi demoni-aiutanti, scatena un vero pandemonio. Gli episodi di scompiglio e di follie si moltiplicano repentinamente nella città, creando un insieme caotico, dove, tuttavia, ogni personaggio è legato agli altri.


La folla di personaggi che si viene a formare é popolosa e variegata: vi compaiono membri illustri del teatro e della letteratura di Mosca, ma anche letterati meno fortunati, come il Maestro, abilmente affiancati alle figure di Jeshua e di Levi Matteo e a quella colma di dolore di Ponzio Pilato - forse la meglio riuscita di tutto il romanzo. A Margherita, invece, è dedicato largo spazio nella seconda parte del libro, dove, sulle suggestioni shakespeariane di Titania e di Mab, si trasforma in strega e in regina del granballo di Satana. In questo modo, la capitale russa degli anni Trenta brulica di individui diversissimi ma tutti, in fondo, “anime morte, non più servi della gleba ma servi di un sistema disumano” (Montale). Questo è il significato politico del romanzo, e la ragione per cui venne pubblicato interamente solo postumo: una critica al comunismo la cui ferocia é messa in luce dallo stesso Bugalkov quando elenca le caratteristiche della propria opera: “i toni neri e mistici (io sono uno scrittore mistico), coi quali sono raffigurate le innumerevoli mostruosità della nostra vita; il veleno di cui è imbevuta la mia lingua; il profondo scetticismo nei riguardi del processo rivoluzionario che si svolge nel mio paese arretrato […]; e soprattutto la raffigurazione dei tratti terribili del mio popolo”.


Queste considerazioni dell’autore, tuttavia, ci consentono di porre l’attenzione anche su un altro piano di lettura dell’opera, che potremmo definire spirituale. Chiamare in causa i personaggi maggiori del Nuovo Testamento permette all’autore di smuovere i dubbi gnoseologici più profondi, in particolar modo riguardo le tematiche della colpa e della sua espiazione oltremondana. Dunque, con Bugalkov ci chiediamo: sono giusti i nostri parametri del bene e del male? Esiste un perdono capace di lenire anche il tormento di Ponzio Pilato, oppure la viltà é un peccato troppo profondo perché l’anima del quinto prefetto della Giudea trovi pace?


Ciò che pare certo, al di là di ogni interrogativo, è che ci sono forze che l’uomo non conosce e non controlla: “A Ivan Nikolaevič tutto è noto, egli tutto sa e tutto capisce. […] Ma sa anche che ci sono cose di cui egli non può avere ragione. Non può avere ragione del plenilunio primaverile […]. E quando comincia il plenilunio nessuno riesce a trattenerlo a casa. Verso sera egli esce e va agli stagni Patriaršie”.