Circe
Perché scrivere e perché leggere di una dea della mitologia greca?
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Scomodare i personaggi della letteratura precedente per scrivere un nuovo libro è sempre un’operazione rischiosa, in bilico tra rispetto per la tradizione e invenzione dell’autrice. Miller esce felicemente da questa prova poiché non attualizza il mito, ma lo fa rivivere dicendone qualcosa di più e di molto importante.


Il punto di partenza è il motivo per cui il mito veniva inventato: dare ragione di fenomeni esterni altrimenti inspiegabili e della natura umana. Questa funzione rivelatrice spiega anche perché i racconti mitici sono sopravvissuti attraverso i secoli e perché Miller, pur raccontando di una dea, ci parla molto di una donna. In effetti, Circe cattura la nostra attenzione perché è una divinità minore, che ha molto da spartire con il genere umano. La caratteristica più appariscente è quella della voce, tenue e non tonante come quella di un dio; ma anche la magia, che la eleva in potenza tra gli dei, non la rende distante dall’uomo. Essa sarà praticata anche dalla mortale Medea e da Penelope, moglie di Odisseo, e Circe rimarrà diversa dai fratelli “Perse o Eete, qualcuno con nelle vene soltanto magia e niente calore”. È significativo anche che Circe costruisca legami affettivi esclusivamente con personaggi mortali. Il più stretto e viscerale è quello con il figlio Telegono, che ci parla di una maternità faticosa, in cui le gioie e le preoccupazioni sono vissute con un’intensità inaudita. Miller può raccontare l’esperienza di Circe come madre con tanta intensità anche perché in tutto il libro il punto di vista è interno e il racconto è svolto in prima persona. Ciò permette di mettere in luce la ricca interiorità della protagonista: le divinità dei miti antichi provavano sì passioni e ardori, ma non erano alla ricerca della propria vocazione, come è la Circe di Miller, e non subivano alcuna evoluzione nella personalità, mentre qui siamo di fronte a un romanzo di formazione, in cui mano a mano che si procede la maga scopre le proprie potenzialità e i propri desideri.


In ultima analisi, tuttavia, nono si può non considerare che Circe e figlia del grande Elios e che la sua prospettiva è quella dell’eternità. Da uno sguardo sul tempo radicalmente altro rispetto a quello dell’uomo scaturiscono alcune interessanti riflessioni sulla nostra finitudine, come questo memento estremamente attuale: “La guerra mi è sempre sembrata una scelta folle da parte degli uomini. Qualsiasi cosa ottengano, avranno solo una manciata di anni prima per godersela prima di morire. Anzi è molto più probabile che muoiano nel tentativo di ottenerla”.


Dunque, la ragione per cui leggere questo romanzo sta nell’ambiguità della sua protagonista, contemporaneamente umana e divina, una maga che con coraggio cambia il proprio destino e si scontra con la forza del destino, di cui ogni essere umano è in balia.