
Perché non si può essere sempre felici? Beatrice pronuncia questa frase più volte, rivolgendosi a se stessa o a Modesta quando qualche evento improvviso e inarrestabile turba il loro splendido sodalizio. Verrà ripetuta a zia Modesta da Bambù, che ha ricevuto in eredità dalla madre Beatrice questa intima aspirazione alla felicità. “Perché non si può essere sempre felici?” è l’interrogativo dei bambini e di chi ha fiducia che il cammino della vita debba essere fatto per la felicità. Modesta, la protagonista del romanzo, non risponde a questa domanda, ma fa della sua esistenza un esercizio all’arte della gioia. Il titolo è una potente chiave di lettura per comprendere l’agire di un personaggio femminile poliedrico, che opera in maniera meditata ma spesso sfrontata. Modesta è un’artista e lo è in molti sensi: le origini povere e il periodo intrappolata nel convento la rendono curiosa e riflessiva, capace di utilizzare le proprie facoltà intellettive a pieno per decodificare il mondo che la circonda. Durante il successivo periodo al Carmelo, sotto la guida di nonna Gaia, studia filosofia, ma anche pianoforte e ballo, e si innamora della poesia, per la quale sente un richiamo quasi irresistibile. Eppure, di fronte a questa seduzione si trattiene e si arresta; nemmeno questa è la sua arte, non è ciò che può darle veramente gioia. Cos’è, dunque, la gioia per Modesta?
Il lettore prova un brivido di scandalo quando si rende conto che per lei gioia è innanzitutto piacere sessuale, il piacere orgasmico che la scuote fin da bambina e che scaturisce da sensazioni e contatti che potremmo semplicisticamente definire “sbagliati”. In fondo, L’arte della gioia è completo nel 1969, ma verrà edito integralmente solo postumo nel 1994. Le mani della madre superiora eccitano Modesta non meno delle urla della sorella mongoloide, e immediatamente sorge la domanda “perché scriverne?”. Goliarda Sapienza ha il grande merito di non rifiutare nulla dell’umano, ma di abbracciarlo in uno sguardo quanto più omnicomprensivo, senza giudizi e nemmeno morbosità.
La passione, il desiderio e, talvolta, l’amore rimarranno una fonte sempre fresca di gioia per Modesta nel corso della sua lunga vita e sicuramente perché la protagonista non permette che venga loro affibbiata nessuna etichetta e nessuna costrizione. L’apertura che sfugge a qualsiasi pregiudizio o tabù ci lascia non solo esterrefatti, sconcertati; è una libertà che manca a qualsiasi personaggio femminile precedente. Scrive, infatti, Angelo Pellegrino nel suo Ritratto di Goliarda Sapienza:
Per costruire il personaggio di Modesta passò in rassegna e studiò uno dopo l’altro i maggiori personaggi femminili – e anche alcuni minori – della letteratura mondiale, da Moll Flanders e pamela a Scarlett O’Hara, compresi quelli della Peverelli, per poter dare alla letteratura italiana – così diceva – un personaggio femminile che a suo giudizio ancora mancava. Ma si servì anche di «Julian Sorel» sostenendo che anche un giovane doveva potersi identificare con Modesta in quanto creatura concepita universale e senza costrizioni di genere. A volerne sottolineare il carattere metamorfico, sul primo manoscritto in esergo pose queste parole di Empedocle: Perché ci fu un tempo che sono stato un giovane e una ragazza e un virgulto e un uccello e uno squamoso pesce del mare.
È proprio in virtù di questa universalità che Modesta rivela, fin dal principio, la disponibilità a compiere qualsiasi gesto per avere un futuro che lei stessa potesse scegliere. Ciò significa usare la violenza, ma anche le armi affilate dello studio e dell’intelletto, che le varranno una posizione socialmente prestigiosa e denaro in abbondanza (usato, in realtà, solo per poter studiare ancora e far felice chi la circonda). La gioia che costruisce e consolida è dunque fatta di libertà ma anche di relazioni, di solitudine e di dedizione instancabile a Beatrice, agli amici, ai figli e ai nipoti. Su tutti loro esercita un magnetismo irresistibile, perché è in grado di dimostrare indipendenza e coerenza.
È per questo motivo che diventa anche una guida politica per tutta la famiglia durante l’ascesa del fascismo, lo scoppio della guerra e il suo tremendo “dopo”. In seguito ad anni di meditazioni, studi e conversazioni, di fronte al mondo politico prende posizione in modo chiaro e a qualsiasi costo, e il suo esempio farà sì che nessuno degli energici ragazzi che vivono sotto il suo tetto cadrà vittima del fascino del fascismo.
La gioia, dunque, è viva solo se diffusa e spesa per gli altri: la gioia per Modesta è egoismo, ma anche lotta, dedizione, ideale.
Modesta è una figura cruciale, un’eroina per chi la circonda, un’artista e un’anima libera, senza mai mancare di realismo. Non è possibile non esserne ipnotizzati.